L’emicrania è una cefalea primaria frequente e disabilitante. Nello studio dell’OMS del 2010 sul Peso Globale di Malattia l’emicrania è stata classificata al terzo posto tra i disturbi a maggiore prevalenza e al settimo posto tra le cause specifiche di disabilità a livello mondiale.1,2 Nel 1991 il primo triptano è stato immesso sul mercato europeo per l’impiego nel trattamento sintomatico dell’emicrania e successivamente negli USA nel 1993. Le linee guida di trattamento basate sulle evidenze sottolineano che i triptani rappresentano l’opzione terapeutica di prima scelta per l’emicrania.3–5 Ciò nonostante, i triptani sono ancora sottoutilizzati. Persiste infatti, sia nei medici sia nei pazienti, l’infondato timore di possibili problemi di sicurezza, malgrado le evidenze sulla sicurezza e sulla tollerabilità complessivamente buona di questa classe di farmaci. Dopo la pubblicazione della terza edizione della Classificazione Internazionale delle Cefalee (ICHD),6 è stato organizzato un simposio satellite, presieduto da Stefan Evers, durante il XXI Congresso Mondiale di Neurologia, che si è tenuto a Vienna dal 21 al 26 settembre 2013. In questo articolo sono illustrati in forma sintetica gli atti del simposio, che riguardano le variazioni apportate alla classificazione delle cefalee, le nuove linee guida sui parametri di efficacia da utilizzare negli studi clinici, l’importanza degli studi di preferenza dei pazienti e la discussionedi casi clinici.
Nuovi criteri diagnostici e di gravità per l’emicrania e le altre forme di cefalea: quali novità?
La classificazione delle cefalee consente di mettere in atto un approccio standardizzato e basato sulle evidenze per la conduzione e la presentazione dei risultati degli studi clinici. È anche utile per una gestione efficace dei pazienti emicranici, soprattutto nei casi di diagnosi incerta. In passato la classificazione delle cefalee era basata sugli aspetti fisiopatologici, il che ne limitava l’utilizzo. Le classificazioni più recenti, invece, sono basate sulla fenomenologia dei disturbi invece che sulla patogenesi o sull’eziologia. Recentemente è stata pubblicata la terza edizione dell’ICHD (ICHD-3 versione beta).6 La versione beta (preliminare) è stata pubblicata prima della versione finale per permettere di effettuare le prove sul campo, in vista dell’inclusione nella Classificazione Internazionale delle Malattie dell’OMS (ICD-11), nel 2016.
Viene illustrata una breve panoramica sulle novità contenute nell’ICHD-3 beta.
Cefalee primarie e secondarie
- È importante classificare le sindromi e non i pazienti, ad esempio evitando di utilizzare il termine “emicranico”, e riconoscere che un paziente può presentare diversi tipi di cefalea.
- Nel classificare le cefalee, la specificità è più importante della sensibilità: l’obiettivo è quello di ottenere gruppi omogenei di pazienti e non avere dubbi su una diagnosi di emicrania.
Variazioni nella classificazione delle cefalee primarie
- Se i pazienti soddisfano i criteri sia per la cefalea di tipo tensivo cronica che per l’emicrania cronica, quest’ultima costituirà l’unica diagnosi. La cefalea di tipo tensivo cronica è da considerarsi invece la diagnosi principale rispetto alla new daily persistent headache (cefalea quotidiana persistente “ab initio”).
- Nell’ambito delle cefalee autonomino-trigeminali Short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks, è stata inclusa la SUNA, Short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks with cranial autonomic symptoms, insieme alla Short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks with conjunctival injection and tearing (SUNCT).
- L’emicrania continua viene ora inclusa come cefalalgia autonomico-trigeminale.
- Il capitolo 4 (Altre cefalee primarie) comprende nuove entità: cefalea da stimolo freddo associata all’ingestione di alimenti freddi (per es. un gelato) o all’inalazione di aria fredda, e cefalea da pressione esterna provocata da una compressione esterna (per es. un cappello) o da trazione esterna.
- La cefalea nummulare, una cefalea che interessa un’area del cranio grande quanto una moneta, è stata inclusa come nuova entità nel capitolo 4.
- L’epicrania fugax, una cefalea trafittiva di breve durata che origina in un’area particolare del capo, viene introdotta nell’Appendice e può rappresentare un tipo di cefalea a sé stante, ma per poter essere confermata saranno necessari ulteriori studi.
Variazioni nella classificazione dell’emicrania
- L’emicrania cronica costituisce ora un sottotipo specifico e non più una complicanza dell’emicrania episodica.
- L’emicrania di tipo basilare è stata rinominata come emicrania con aura tronco-encefalica, poiché i sintomi hanno origine nella regione troncoencefalica.
- È stata aggiunta una nuova sezione con sottotipi specifici di emicrania: le sindromi episodiche con possibile associazione con l’emicrania. Queste forme sono considerate come precursori dell’emicrania e possono evolvere durante l’infanzia o l’adolescenza. Comprendono i disturbi gastrointestinali ricorrenti, quali la sindrome del vomito ciclico e l’emicrania addominale, la vertigine parossistica benigna e il torcicollo parossistico benigno.
- Anche l’emiplegia alternante può essere un precursore dell’emicrania ed è stata inserita nell’Appendice.
Variazioni nella classificazione dell’emicrania cronica
- L’emicrania con aura è stata inserita in questa categoria. Vi è poi una suddivisione in emicrania con aura tipica, con o senza cefalea, emicraniacon aura tronco-encefalica (precedentemente denominata aura basilare), emicrania emiplegica (che ora include i sottotipi familiare e sporadico) ed emicrania retinica.
- L’emicrania cronica viene diagnosticata autonomamente ma può essere specificato se è associata o no alla cefalea da uso eccessivo di farmaci (il che non era consentito nella precedente classificazione). Per formulare una diagnosi conclusiva, tuttavia, si raccomanda di sospenderel’uso eccessivo di farmaci.
Valutazione dell’efficacia del trattamentodell’emicrania – Le nuove linee guida
La definizione dei parametri da utilizzare per valutare l’efficacia dei trattamentinell’ambito degli studi clinici costituisce un aspetto importante. Si deve inoltre considerare il fatto che le priorità del paziente spesso differiscono da quelle dello sperimentatore. Nelle linee guida recentemente pubblicate,7 l’endpoint primario raccomandato per gli studi clinici sul trattamento in acuto dell’emicrania è ora la percentuale di pazienti con scomparsa del dolore entro 2 ore. Ciò ha implicazioni importanti per gli studi clinici sui triptani. La maggior parte dei princiapli studi presentati per ottenere l’approvazione negli USA dei trapianti ha utilizzato come misura primaria di efficacia la risposta del dolore a 2 ore, invece di altri endpoints quali la scomparsa del dolore a 2 ore.
Tra gli endpoints secondari importanti vi è l’incidenza delle recidive. Secondo la più recente definizione dell’IHS, a 2 ore dalla scomparsa del dolore, deve considerarsi come recidiva qualunque cefalea insorga da 2 a 48 ore dopo l’assunzione del farmaco in studio, indipendentemente dalla sua intensità. Il concetto di recidiva si è evoluto come parametro di esito pervalutare il trattamento sintomatico. La prima edizione delle linee guida per gli studi controllati sui farmaci anti-emicranici non prevedeva la recidiva tra i criteri di efficacia.8 Nella seconda edizione la recidiva figurava al sedicesimo posto su un totale di 18 criteri.9 Nella terza edizione la recidiva è passata al terzo posto, a conferma della sua crescente importanza come misura di efficacia.7
Un altro importante endpoint secondario è la sustained pain freedom, ovvero la scomparsa del dolore entro 2 ore dall’assunzione del farmaco, con assenza di recidiva della cefalea emicranica e nessuna assunzione di farmaci di soccorso (rescue) per la durata di un attacco (24–48 ore). Si tratta di un endpoint ideale in quanto riflette al meglio le aspettative dei pazienti. La valutazione della risposta del dolore a 2 ore può far risultare alcuni farmaciefficaci solo ad un determinato time-point e tale parametro non dovrebbe più essere utilizzato in trials futuri. I parametri di risposta protratta (sustained), invece, comprendono non solo la rapidità della risposta ma anche la durata dell’azione. L’importanza e la validità di questo endpoint sono notevoli e indipendenti dalle fluttuazioni della risposta del dolore.
Altri due endpoints secondari raccomandati meritano una particolare attenzione. La disabilità funzionale, cioè la valutazione della qualità della vita e del peso di malattia, rappresenta un’importante valutazione di efficacia del trattamento e riflette un approccio sempre più focalizzato sul paziente. La preferenza dei pazienti sarà ulteriormente trattata di seguito.
Nuovo algoritmo del trattamento dell’emicrania
Le nuove classificazioni hanno determinato la creazione di un nuovo algoritmo del trattamento dell’emicrania (v. Figura 1). Innanzitutto, è necessario stabilire se una cefalea primaria sia o meno un’emicrania, e classificare l’emicrania secondo i nuovi criteri diagnostici e le raccomandazioni di trattamento come emicrania episodica con o senza aura o come emicrania cronica con o senza aura. Per l’emicrania episodica di gravità da lieve a moderata gli analgesici quali i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) devono essere considerati il trattamento di prima scelta. Nel caso in cui questi farmaci non risultino efficaci si deve ricorrere ai triptani. Per gli attacchi d’intensità da moderata a grave, i triptani rappresentano il trattamento di elezione. In caso di frequenza elevata degli attacchi (tre o più al mese), è opportuno intervenire con un trattamento di profilassi (cioè l’uso preventivo di farmaci allo scopo di prevenire gli attacchi). In generale, si rileva un sottoutilizzo dei farmaci per la prevenzione dell’emicrania: solo il 10% circa dei soggetti che dovrebbero essere sottoposti a profilassi assumono in realtà tale terapia.
Il trattamento dell’emicrania cronica con uso eccessivo di farmaci deve iniziare sospendendo i farmaci sintomatici in corso. Il trattamento dell’emicrania cronica, con o senza uso eccessivo di farmaci, deve includere necessariamente un approccio di profilassi. I triptani sono da considerarsi il trattamento di prima scelta, ma solo per un massimo di 10 giorni al mese.
Studi in crossover sulla preferenza dei pazienti
La valutazione della preferenza dei pazienti costituisce un’utile integrazione ai parametri tradizionali per misurare l’efficacia nell’ambito degli studi clinici. Inoltre, la maggiore comprensione dei fattori che influiscono la preferenza dei pazienti può permettere la personalizzazione delle terapie nella pratica clinica, consentendo al medico di scegliere il farmaco più adatto per il paziente invece che il farmaco migliore per la malattia. Gli studi in crossover sulla preferenza dei pazienti sono sempre più utilizzati nella valutazione del trattamento dell’emicrania e consentono un reale confronto intra-individuale tra i farmaci. Tali studi sono condotti in doppio cieco e ciascun paziente deve confrontare due farmaci nel corso di 3 attacchi trattati con ognuno dei due farmaci. I pazienti esprimono la propria preferenza su una scala a 5 punti, dove 0 corrisponde a “nessuna preferenza” e 5 a “estremamente positivo”. Il farmaco è quindi valutato secondo un’ampia gamma di caratteristiche e il paziente può assegnare personalmente le priorità dei benefivci ottenuti, il che permette di valutare endpoints multipli. Al contrario, gli studi a gruppi paralleli valutano i farmaci su un unico endpoint definito dallo sperimentatore e non dal paziente.
Trattamento dei pazienti emicranici nella pratica clinica – Approccio case-based
Esiste un’ampia varietà inter-individuale degli attacchi emicranici in termini di durata, intensità e sintomi associati. Inoltre, anche i singoli pazienti cefalalgici possono presentare crisi clinicamente eterogenee e richiedere quindi un trattamento specifico per ogni singolo attacco. Per illustrare l’importanza del trattamento personalizzato e l’utilità degli studi di preferenza dei pazienti sono stati presentati 4 casi clinici tratti direttamente dagli studi italiani di preferenza, condotti con disegno in crossover, randomizzato e in doppio cieco, nei quali sono state valutate l’efficacia e la sicurezza di frovatriptan per il trattamento sintomatico dell’emicrania.10–12
Il Caso 1 è rappresentato da una donna di 33 anni che soffre di cefalee disabilitanti (da uno a tre episodi al mese) con caratteristiche emicraniche dall’età di 24 anni. Gli attacchi presentano un’intensità severa, sono associati a fonofobia, fotofobia e nausea, senza vomito. Di conseguenza, durante gli attacchi la paziente non è in grado di svolgere la sua attività lavorativa. Le cefalee raggiungono il picco di massima intensità nell’arco di 1-2 ore e, se non trattate, durano generalmente da 48 a 72 ore, occasionalmente anche 5 giorni. Gli attacchi emicranici rispondono esclusivamente ai triptani. Tuttavia, il dolore si ripresenta costantemente entro 8-10 ore dall’assunzione del farmaco e si rendono necessarie altre dosi di triptani per trattare l’attacco, talvolta 5-6 in 3 giorni. La paziente ha espresso una preferenza per frovatriptan 2,5 mg, in virtù del suo effetto protratto nel tempo, con un tasso minore di recidive e un numero ridotto di dosi di farmaco necessarie per trattare i suoi attacchi prolungati.
La risposta al frovatriptan del Caso 1 è supportata da una meta-analisi di 3 studi in crossover, randomizzati e in doppio cieco, condotti per confrontare l’incidenza delle recidive con frovatriptan e con altri triptani. Questo studio comprendeva 346 pazienti “intention-to-treat”, che hanno trattato 987 attacchi con frovatriptan e 986 attacchi con altri triptani. L’impiego di frovatriptan ha comportato un tasso significativamente più basso di recidive rispetto agli altri trattamenti (v. Figura 2).13
Il Caso 2 riguarda un uomo di 36 anni che soffre di emicrania dall’età di 25 anni, quasi esclusivamente durante il fine settimana. Inizialmente, la frequenza degli attacchi era bassa, mediamente uno ogni due mesi, ma nel tempo è progressivamente aumentata: negli ultimi 3 anni gli attacchi si verificano in almeno 3 su 4 fine settimana al mese. Gli episodi sono presenti al risveglio oppure iniziano entro mezzogiorno e aumentano di intensità, obbligando il paziente a rinunciare a qualunque attività ricreativa. Generalmente gli attacchi si verificano il sabato, meno spesso di domenica e, non di rado, in entrambi i giorni. I FANS, in particolare l’ibuprofene, risultano parzialmente efficaci ma la loro assunzione provoca una spiacevole sensazione di bruciore gastrico.
La preferenza del paziente è stata per frovatriptan 2,5 mg, per la sua attività protratta nel tempo, la mancanza di effetti collaterali e la prevenzione dell’aggravamento della cefalea. Nel corso del follow-up il paziente ha osservato che, quando si verificano sintomi premonitori quali irritabilità, irrequietezza,sbadigli, desiderio di cibo e sensazione di freddo il giorno prima della comparsa della cefalea, può essere in grado di prevenire l’attacco del giorno successivo, assumendo frovatriptan al momento di coricarsi. Occasionalmente, preferisce assumere frovatriptan preventivamente piuttosto che in acuto.
L’occorrenza di emicrania nel weekend, evidenziata in questo caso, è stataanalizzata da uno studio in cui sono stati valutati 3415 pazienti emicranici tra il 2006 e il 2011. Di questi pazienti, il 5% riferiva attacchi quasi esclusivamente nel fine settimana. L’emicrania da weekend è risultata più frequente negli uomini (52,6%). Gli attacchi erano, nella maggior parte dei casi, di intensità severa e disabilitanti, e rispondevano solo ai triptani nel 56,7% dei pazienti. Una profilassi a breve termine con frovatriptan è stata testata in un sottogruppo di 36 pazienti ed è risultata efficace nel 75% dei casi.14,15
Questo tipo di emicrania è stato ulteriormente studiato in un’analisi retrospettiva combinata di 3 studi italiani in crossover, randomizzati e in doppio cieco, in cui è stata valutata l’efficacia di frovatriptan rispetto ad altri triptaninel trattamento dell’emicrania del fine settimana rispetto a quella dei giorni lavorativi.16,17 In totale si sono verificati 569 attacchi durante il fine settimana e 1281 nei giorni lavorativi. La percentuale di pazienti con scomparsa del dolore a 2 ore non ha differito significativamente tra gli attacchi del weekend e quelli dei giorni lavorativi per frovatriptan (26% vs 27%) e per gli altri triptani (34% vs 32%). L’incidenza di recidiva a 48 ore per gli attacchi del weekend è risultata invece significativamente minore con frovatriptan (17% vs 30% nei giorni lavorativi; p<0,05), a differenza degli altri triptani (weekend 34% vs giorni lavorativi 40%). Il basso tasso di recidiva per gli attacchi ad insorgenza nel fine settimana può essere spiegato dall’assunzione precoce di frovatriptan, in considerazione della costante prevedibilità delle crisi. Per queste sue caratteristiche frovatriptan può rappresentare una validaopzione per il trattamento degli attacchi di emicrania da weekend. Il Caso 3 è costituito da una donna di 42 anni che soffre di cefalee dall’età di 21. Nel tempo gli attacchi sono gradualmente aumentati sia in frequenza che in intensità. Negli ultimi 5 anni ha notato che le emicranie più forti si verificano costantemente nel periodo mestruale. Gli attacchi sono estremamente severi e disabilitanti e possono durare fino a 3 giorni. Quando il dolore è più intenso, la paziente riferisce una limitazione delle proprie attività e nei casi peggiori la necessità di stare a letto. Durante l’emicrania correlata alle mestruazioni (MRM) la paziente perde almeno un giorno di lavoro, mentre nei restanti giorni la produttività lavorativa è ridotta di almeno il 50%. Le crisi non rispondono al paracetamolo e ai FANS. La paziente ha notato che frovatriptan e gli altri triptani si rivelano efficaci per l’MRM, ma che a differenza degli altri triptani frovatriptan agisce con un numero minore di dosi per trattare l’attacco. In un’analisi combinata di 401 casi di MRM derivata dagli studi italiani di preferenza,14,18 l’impiego di frovatriptan ha determinato un tasso significativamente minore di recidive (15%vs 26%) rispetto agli altri triptani nel trattamento sintomatico della MRM (v. Figura 3). Nelle linee guida basate sulle evidenze relative al trattamento farmacologico di profilassi dell’emicrania negli adulti, in particolare in quelle dell’American Academy of Neurology/American Headache Society,5 del National Institute for Health and Care Excellence (NICE)4 e della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee,3 frovatriptan è stato classificato come farmaco di livello A, cioè farmaco con le più forti evidenze (≥2 studi di classe I), specificamente indicato per la profilassi a breve termine della MRM.
Il Caso 4 si riferisce ad una donna di 39 anni che ha iniziato a soffrire di attacchi emicranici sporadici ma gravemente disabilitanti sin dall’adolescenza. Le crisi si verificano in media una volta alla settimana, tendono ad insorgere in tarda mattinata e durano da 24 a 36 ore, se l’assunzione del farmaco viene ritardata; i FANS risultano quasi completamente inefficaci. I derivati dell’ergot non sono stati tollerati, in quanto provocavano forte nausea e senso di oppressione toracica. I triptani si sono dimostrati efficaci, soprattutto se assunti nelle fasi iniziali degli attacchi. La paziente ha impiegato sumatriptan compresse, zolmitriptan compresse orodispersibili (ODT), rizatriptan ODT ed eletriptan compresse, riferendo un’efficacia quasi identica ma al contempo anche analoghi, significativi eventi avversi (AE) , che ha ritenuto intollerabili. Questi effetti comprendevano un senso di costrizione alla gola e al torace, palpitazioni, sonnolenza, affaticamento e capogiri. La disabilità provocata da questi AE appariva analoga a quella causata dalla stessa emicrania.
La paziente ha espresso la sua preferenza per frovatriptan 2,5 mg, soprattutto per la tollerabilità significativamente migliore. Frovatriptan mostra una tollerabilità eccellente rispetto agli altri triptani, come evidenziato da un’analisi combinata degli studi di preferenza condotti in Italia. È stata infatti osservata un’incidenza significativamente minore di effetti collaterali con frovatriptan rispetto agli altri triptani (rispettivamente 5% vs 8%; p<0,05), soprattutto per quanto riguarda i sintomi cardiovascolari.19 Questo dato è stato confermato da uno studio esplorativo randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, a gruppi paralleli, condotto su 75 pazienti affetti da emicrania e con elevato rischio di cardiopatia ischemica (punteggio Framingham ≥14), o con rischio già precedentemente documentato di coronaropatia. In questi pazienti il trattamento con frovatriptan 2,5 mg è stato ben tollerato e non ha provocato un aumento di eventi avversi cardiologici nel monitoraggio cardio-vascolare.20
Riepilogo e osservazioni conclusive
Una migliore classificazione delle cefalee consente di effettuare studi più accurati e, in ultima analisi, di gestire in modo più efficace un disturbo neurologico disabilitante quale la cefalea. Il nuovo sistema di classificazione delle cefalee ha evidenziato l’importanza dei sintomi rispetto agli aspetti fisiopatologici, considerando ora l’emicrania cronica come un’entità distinta e sottolineando la complessità di questa condizione. L’obiettivo ideale del trattamento dovrebbe essere la scomparsa del dolore entro 2 ore, senza recidive nelle successive 24-48 ore. I triptani restano l’opzione terapeutica preferita dalla maggior parte dei pazienti e dei medici. Nel prescrivere i farmaci anti-emicranici è importante tenere in considerazione le priorità dei pazienti. Frovatriptan mostra una tollerabilità favorevole e un effetto protratto nel tempo, con una bassa incidenza di recidive rispetto agli altri triptani. Questi dati sono stati confermati da diversi studi di preferenza dei pazienti. Questi studi riflettono la necessità di considerare i parametri di efficacia focalizzati sul paziente nel momento della valutazione di un trattamento anti-emicranico.